Valentina Procopio (Catanzaro, 1988) La sua fotografia è un’autentica ricerca introspettiva in continuo mutamento. Concettuale e tormentata quando autobiografica, lavora attraverso progetti di ricerca e storytelling, restituendo sempre il suo personale sguardo profondamente umano ed emozionale. Da cinque anni si forma attraverso corsi e workshop, fino a giungere all’iscrizione nella scuola fotografica Il Cerchio dell’Immagine di Reggio Calabria che concluderà nel 2016. Il Confronto con i numerosi insegnanti è stato preponderante per lo sviluppo del suo linguaggio narrativo. Contaminazioni e sperimentazioni, hanno reso possibile la ricerca della dimensione artistica. Dal 2014 è socia fondatrice dell’associazione fotografica Cromatica di Catanzaro, occupandosi della gestione dei social media e recentemente ha curato dei seminari monografici sui grandi fotografi. Nel 2017 frequenta il laboratorio fotografico virtuale GSFP con Sara Lando, in cui diverse persone lavorano a esercitazioni e progetti personali su una piattaforma condivisa e protetta da password. Sempre nello stesso anno diventa fondatrice e membro del collettivo fotografico EFFE collective, un gruppo composto da 4 fotografi promotori di cultura fotografica nei territori calabresi. È socia fondatrice dell’associazione Asperitas, nata per la promozione e la salvaguardia de beni culturali della presila Catanzarese. Nel 2017 espone il suo lavoro “luce madre casa” presso il CRAC centro di ricerca per le arti contemporanee di Lamezia Terme e nel 2018 espone insieme alla collettiva #spazioFOTOcopia, presso i Magazzini Fotografici di Napoli. Nel mese di maggio dello stesso anno, partecipa alla residenza artistica #photocunti di Cleto e ad agosto partecipa alla residenza Transluoghi, un esperimento di viaggio culturale, formativo e partecipativo nelle aree interne del basso Cilento. “C’è una frase di Rebecca Norris Webb che dice: le mie fotografie son più intelligenti di me; Questa metafora la sento molto mia, voglio comprendere me stessa e gli altri, l’essere umano e ciò che vedo. La macchina fotografica è ora il mezzo di questa ricerca”.